Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il dono più grande.
La solennità del Corpus Domini richiama l’attenzione sull’importanza del sacramento per eccellenza, l’eucaristia. Non solo un evento da celebrare, ma un dono da accogliere, per essere segno e presenza di Cristo nel mondo. Il gesto prodigioso della frazione dei pani raccontato nel vangelo è la prima liturgia che Gesù celebra con le folle e i suoi discepoli: dove manca il nutrimento, egli stesso si fa pane e chiede ai suoi discepoli di distribuirlo ai presenti. Non bisogna procurarsi altro cibo; la benedizione divina è sufficiente a saziare la fame delle folle. Nella prima lettura nel gesto compiuto da Melchisedek, che offre pane e vino ad Abram, sono espressi i simboli dell’accoglienza e del dono. È prefigurazione dell’eucaristia, in cui Cristo accoglie i suoi discepoli e offre la sua vita. Nella seconda lettura l’apostolo Paolo evoca le parole e i gesti compiuti da Gesù durante l’Ultima cena celebrata con i suoi discepoli. Non è solo memoria del passato, ma attualizzazione della salvezza e attesa del ritorno di Cristo alla fine dei tempi.
Un giorno memorabile
Deve essere stato qualcosa di veramente grande, memorabile quel giorno. Gli evangelisti sono tutti d’accordo nel darne uno o più resoconti, e chissà per quante generazioni si è trasmesso di bocca in
bocca il ricordo di quel miracolo, di cinquemila uomini sfamati da cinque pani passati per le mani di un rabbi e dei suoi discepoli. Ma il Vangelo non è una raccolta di tradizioni, un libro di memorie e di magnifiche imprese da tramandare. Il Vangelo è vivo, perché attraversato dallo Spirito Santo; la Parola di Dio è sempre di più del fatto che racconta e la vita terrena del Figlio di Dio è l’episodio centrale di una grande storia della salvezza che il Padre, il Figlio e lo Spirito santo continuano a realizzare. Non abbiamo paura di dire, allora, che questo Vangelo parla anche di noi e a noi; che queste pagine profumano di vita, oltre che di pane. E che, se lasciamo risuonare alcune di queste parole nel nostro cuore e nella nostra esperienza, il Vangelo avrà nuova vita, acquistando nuovi significati.
Deserto e fame
Il giorno cominciava a declinare; «…qui siamo in una zona deserta». L’età avanza, con il suo calo di forze e di flessibilità; un’esperienza finisce o volge al termine; ci troviamo a vivere un piccolo o
grande fallimento; relazioni importanti vengono logorate dall’incuria o dalla superficialità; il tempo di paura e inattività si prolunga, ed è tanta la fatica di ripartire con fiducia… anche nella nostra vita
possono essere molte le voci del verbo declinare. E non mancano le zone deserte, perché forse abbiamo persino smesso di raccontarci a qualcuno, o coloro con i quali parliamo non ci ascoltano, e
la solitudine è la grande “nemica” di questo nostro tempo. Deserto e fame sono parole che il nostro cuore ben comprende: tra quei 5.000 disorientati ci siamo di certo anche noi. «Voi stessi date loro da
mangiare»; «Non abbiamo che cinque pani e due pesci…». Quanto vorremmo essere capaci di rispondere ai bisogni del mondo! Ci sentiamo interpellati da tante situazioni di povertà materiale,
spirituale, relazionale; vorremmo metterci in gioco ma abbiamo tra le mani così poco, perché non c’è tempo, non ci sono le forze, non ci sono condizioni favorevoli… anche per noi la “riserva” da cui
attingere è poco più di cinque pani e due pesci. Che fare, allora?
La strada del dono
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati… Eppure è così vero, sperimentiamo anche questo: la gioia di condividere e di averne abbastanza, la soddisfazione di distribuire e trovarsi arricchiti, quel “di più” che siamo pronti a raccogliere e rimettere in circolo per altri. Il nostro cuore conosce anche l’abbondanza, l’eccedenza, a volte fino a farci male perché vorremmo che quel momento, quella gioia, non finissero. Da dove vengono? Che cosa farne di questo traboccare dell’anima? Il Signore Gesù, che quel giorno lontano ha moltiplicato i pani, è ancora tra noi. È lui a preoccuparsi dei deserti che ci abitano e a chiamarci perché mettiamo i nostri cinque pani nel mezzo, per tutti. È lui a benedire ciò che siamo e che abbiamo, a rimettercelo tra le mani perché lo distribuiamo. È lui che ci insegna la strada del dono, l’unica strada per la felicità. Grazie allo Spirito Santo, la Parola riprende vita, ci arde nel cuore e diventa per noi nuova ispirazione e nuova forza per moltiplicare i beni del mondo, il bene che ciascuno di noi è. Che bello credere e sperimentare una Parola viva ed efficace, che ancora parla nei nostri miracoli quotidiani, che ancora fa miracoli nel nostro quotidiano. Che bello vivere ed essere “vangelo”, oggi.